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Nekromanteion sull’Acheronte, l’oracolo dei morti

Nekromanteion

Il nostro viaggio nell’Antica Grecia prosegue in un luogo dal fascino sinistro: il Nekromanteion sull’Acheronte, l’oracolo dei morti più famoso dell’antichità.

Qui era praticata la negromanzia, una tecnica divinatoria basata sull’evocazione delle anime dei defunti, considerata pericolosa e ai limiti dell’illecito. Prepariamoci a varcare i neri cancelli dell’Ade e a intraprendere un viaggio che ha dell’incredibile…

 

L’ingresso al Regno degli Inferi

Il Nekromanteion è menzionato nell’Odissea quando Ulisse affronta la discesa negli Inferi per chiedere consiglio al profeta Tiresia. Nella realtà il santuario si trova nella Grecia settentrionale, presso l’antica città di Efira.  Il sito fu scoperto nel 1958 dall’archeologo Dakaris che trovò i resti di età Ellenistica (IV-III secolo a.C.) sotto la chiesetta di San Giovanni, additata come “la porta dell’Inferno”.

Fin dall’VIII secolo a.C. l’oracolo attirò moltissimi visitatori e delegazioni, come quella inviata dal tiranno di Corinto Periandro per ottenere informazioni dalla moglie che lui stesso aveva spedito nell’Aldilà. La fine ingloriosa del Nekromanteion giunse nel 167 a.C. quando i Romani diedero alle fiamme il santuario, distruggendo per sempre l’oscuro oracolo.

Il Nekromanteion si trova alla confluenza di tre fiumi: Acheronte, Piriflegetonte e Cocito che, insieme a Stige e Lete, formano l’idrografia degli Inferi. Secondo i Greci, infatti, i fiumi terrestri sono il proseguimento di quelli infernali, le cui acque conservavano straordinari poteri occulti.

 

Ed è proprio sulle sponde del fiume Acheronte che inizia il nostro viaggio cupo e inquietante. Imitando Ulisse, ci apprestiamo a scendere nel Regno delle Ombre in cerca di verità e risposte. A differenza di Delfi dove abbiamo affidato il quesito nelle mani della Pizia, qui saremo noi i protagonisti del rituale mantico. Affronteremo un arduo percorso spirituale, metteremo a dura prova il nostro corpo e la nostra mente per prepararci all’incontro con i morti, sperando di non restarne sconvolti in modo irreparabile…

Nekromanteion
I resti del Nekromanteion al di sotto della chiesetta di San Giovanni Battista

Una preparazione dal sapore iniziatico

Giunti al Nekromanteion raggiungiamo il cortile centrale dove c’è un vivace andirivieni di pellegrini, sacerdoti e inservienti. È l’ultimo scampolo di civiltà prima di entrare in una buia e angusta stanzetta che sarà la nostra casa per ventinove lunghissimi giorni. Durante la “reclusione” rimaniamo isolati dal resto del mondo e i nostri sensi vengono alterati e suggestionati da ripetitive cantilene, racconti sull’Oltretomba, bagni rituali con acqua prima bollente e poi gelata. Dobbiamo anche seguire una dieta rigida e precisa, diretta trasposizione del banchetto funebre: carne di maiale, fave, lupini, pane d’orzo, miele e molluschi.

Dopo quasi un mese di claustrofobico dormiveglia, sospeso tra sogno e realtà, tra mistica fiducia e paura angosciosa, veniamo finalmente liberati dalla prigionia e condotti in un lungo corridoio. Qui, in una piccola fossa, versiamo la libagione per il defunto, poi i sacerdoti sacrificano una pecora nera, raccogliendo il sangue in una brocca che affidano nelle nostre mani tremanti.

Non resta che percorrere il piccolo labirinto che conduce al cuore del santuario. Mentre avanziamo a tentoni, respirando vapori inebrianti, i nostri sensi sono sconvolti e confusi, e davvero ci sembra di vagare per le strade tortuose dell’Ade. Oltrepassiamo tre porte di ferro, i tre cancelli degli Inferi dietro i quali si nasconde il lugubre Impero della Morte.

Nekromanteion

Oltre i cancelli dell’Ade

Siamo giunti nel cuore del Nekromanteion: una sala racchiusa tra mura ciclopiche e divisa in tre navate. In quella centrale si apre una stretta fessura sotto cui si cela la parte inaccessibile ai vivi: il Palazzo di Ade, dio dei morti, e della sua sposa Persefone. Noi non lo sappiamo, ma sotto i nostri piedi si apre una stanza ipogea sorretta da possenti arcate, con le pareti letteralmente impregnate di sangue.

Percepiamo la spaventosa potenza proveniente dal sottosuolo e ci inginocchiamo a terra, versando nel pertugio il sangue dell’animale sacrificato per dissetare le anime dei morti e risvegliarle dal sonno eterno. Le nenie dei sacerdoti aumentano d’intensità, i fumi odorosi ci stordiscono dilatando i nostri sensi finché dall’alto, nella danza macabra dell’unica fiaccola accesa, vediamo scendere qualcosa

L’anima del defunto destato dalla tomba compare d’innanzi ai nostri occhi mortali e increduli. Mentre lo spettro emette il vaticinio, sentiamo le gambe cedere sotto il peso dell’emozione, la testa girare e il cuore battere all’impazzata. Terminato il suo compito, la presenza svanisce in un’atmosfera onirica, lasciandoci pieni di meraviglia e terrore.

Il nostro viaggio nell’Ade è compiuto, non resta che tornare alla luce del giorno. Facciamo il viaggio a ritroso, lasciandoci alle spalle il mondo tetro con cui abbiamo avuto un intenso, seppur fugace incontro. Restiamo altri tre giorni presso il santuario per smaltire l’emozione e purificarci dal contatto con la morte. Ancora un po’ storditi ci allontaniamo dal Nekromanteion, tornando al mondo dei vivi e portando con noi i segreti di ciò che abbiamo visto e vissuto, giurando di non farne parola con nessuno.

Nekromanteion
Il Palazzo di Ade e Persefone

Droghe e stratagemmi

Il Nekromanteion serba ancora tanti misteri che l’archeologia ha tentato di spiegare. I sacerdoti usavano ogni mezzo per alterare la coscienza dei consultanti, così da instaurare le condizioni psicofisiche necessarie alla negromanzia. È appurato l’uso delle droghe, largamente impiegate in ambito religioso e oracolare. Sono stati trovati grossi grumi di hashish carbonizzati, conservati grazie all’incendio che distrusse il tempio. Questa sostanza, inalata per fumigazione o ingerita, serviva ad alterare la percezione fino a provocare visioni.

Il fuoco – paradossalmente – ha conservato tanti altri reperti come resti di cibo, frutti e granaglie raccolti in grosse giare. Tra questi spicca la presenza di fave e lupini che, se mangiati acerbi, possono causare rilassamento, vertigini e allucinazioni.

All’uso di sostanze psicotrope si aggiungevano elementi di suggestione creati ad arte dai sacerdoti. L’enorme calderone di bronzo ritrovato nella sala centrale con un corredo di ruote dentate, ha fatto pensare alla presenza di un macchinario simile all’argano teatrale, adoperato per calare il “fantasma” giù dal soffitto.

Scegliete pure se credere alla spiegazione razionale o a quella sovrannaturale. In ogni caso il Nekromanteion continua a esercitare il suo fascino leggendario, avvolto nella coltre di mistero che da millenni custodisce i suoi insondabili segreti. Il santuario della morte è ancora lì ad attendervi, pronto ad accogliere chiunque abbia l’ardire di varcare l’oscura soglia.

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