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DonaMisteri di Lisbona “La ragazza cieca”
Che razza di uomo era dunque quest’uomo della sabbia? E’ un uomo cattivo che viene dai bambini che non vogliono andare a letto e getta loro negli occhi manate di sabbia, finché questi non schizzano fuori sanguinanti dalla testa: allora butta gli occhi in un sacco e li porta, quando la luna splende a metà, da mangiare ai suoi piccoli; loro stanno là in un nido e hanno becchi adunchi come i gufi e beccano dal sacco gli occhietti dei bambini che non sono stati saggi.
Der Sandmann, l’uomo della sabbia, capolavoro dello scrittore Ernst T. A. Hoffman. Non è un caso riprendere con questo racconto, dopo l’articolo della scorsa settimana…una bambola senza occhi o una ragazza cieca?
Nell’ultimo articolo citai il tema del perturbante, ed eccomi ora con il racconto simbolo di questo concetto. L’unheimlich, o perturbante, appare nello scritto sotto varie forme, in particolare nel concetto dell’automa, un essere che appare umano, mettendo in dubbio la nostra stessa umanità.
Il tema che interessa noi, però, è un altro, quello degli occhi, altro aspetto preponderante nel racconto hoffmaniano. Gli occhi, come ci dice una frase attribuita a Leonardo da Vinci, sono lo specchio dell’anima. Ma cosa accade quando questi occhi sono “morti”, privi di vita, o non vi sono?
Secondo Freud i bulbi oculari sono legati ai genitali maschili (qualcosa che non lo sia, secondo lui?), e la loro evirazione è legata all’impotenza sessuale. Eppure, oltrepassando Freud, non posso negare che la cecità è qualcosa che mi ha sempre impressionato. Spesso nelle grandi metropoli ci è dato vedere uomini dalle più varie menomazioni, ma tra tutte, la cecità ha una forza ineguagliabile per il nostro spirito.
Viviamo costantemente guidati dalle nostre visioni, dal nostro sguardo, ma cosa accade a coloro che di quello sguardo son stati privati, o che non ne sono mai stati muniti? È perturbante anche il solo pensarvi. Immagino cadere, una dopo l’altra, tutte le marmoree certezze di cui sono provvisto.
Per questo, tra tutti i luoghi di Lisbona, per chiudere i 4 articoli della città portoghese ho scelto il mistero del castello di Sao Joao.
Il piccolo castello di Sao Joao si trova poco fuori Lisbona, nella città costiera di Cascais (la stessa città in cui è possibile trovare la Boca do Inferno, la bocca dell’inferno, un caso?) e la struttura è da sempre stata collegata al paranormale.
Molte persone hanno vissuto in quel castello, ma tutti, famiglia dopo famiglia, lo hanno abbandonato in men che non si dica. Il motivo? L’apparizione di una bambina cieca.
Gli abitanti della zona parlano del “potere diabolico della casa” e collegano le apparizioni a un fatto avvenuto tempo fa. Si dia il caso, infatti, che vicino il castello vivesse un tempo una bambina cieca, che un giorno, passeggiando lungo la scogliera, cadde e fu risucchiata dai gorghi mortali del mare in tempesta.
Da allora in molti affermano di aver osservato, quando il sole bacia il mare e il cielo si tinge di un rossore scarlatto, una bambina camminare lungo la scogliera, con lo sguardo perso verso l’orizzonte.
Perfino alcune celebrità portoghesi si interessarono alla struttura, ma tutte abbandonarono l’idea di vivere lì quando entrate nel castello videro quella stessa bambina attraversare i muri con una bambola nella mano.
Naturalmente, un’apparizione fantasmatica non è mai una cosa di cui esultare (non parlo del vostro caso, amanti del mistero), ma immaginate la forza perturbante di una bambina dai bulbi oculari privi di vita.
Uno sguardo vuoto che vi guarda, ma vede oltre la vostra stessa materialità, vi accarezza non toccandovi, e con quel tocco lieve genera in voi un brivido incontrollabile. Un brivido dato da cosa? Dallo spirito, dall’apparizione, o dalla semplice consapevolezza di rivedere noi stessi in quello sguardo cieco, di rivedere in eterno la nostra inettitudine, la nostra cecità di fronte alla vita?