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Il messaggio apocalittico della croce ciclica di Hendaye

Dopo la Porta Magica di Roma, ci spostiamo nell’antica Guascogna per scoprire i segreti di un altro monumento “parlante”: la croce ciclica di Hendaye.

Situata nell’estrema punta meridionale del golfo di Biscaglia, Hendaye è l’ultimo baluardo basco in terra francese. La Spagna è a poche centinaia di metri, dall’altro lato della baia di Chingoudy, dove l’oceano s’insinua nel territorio di questo borgo proteggendolo col suo abbraccio dai freddi venti atlantici.
Il confine non è che un’attribuzione, una mera questione accidentale. I cittadini di Hendaye sono baschi e i loro cugini spagnoli nelle vicine località di confine sono in realtà loro fratelli.

Spiaggia di Hendaye

La croce ciclica di Hendaye è apposta in un angolo delle mura esterne della chiesa parrocchiale. All’apparenza non è che una modesta croce di pietra grigia dalle incisioni grossolanamente sbozzate. Ma il messaggio che queste incisioni custodiscono, parlerebbe di una catastrofe futura che interesserà l’intero pianeta e le sorti del genere umano.

 

L’alchimista e la croce

Il messaggio apocalittico della croce ciclica di Hendaye

A portare in auge la misteriosa profezia fu un personaggio ancora più impenetrabile: Fulcanelli, il più grande alchimista del novecento. Nessuno può dire di averlo conosciuto o visto sul serio. Solo il suo fedele discepolo Canseliet -che curò anche le edizioni delle sue opere- sapeva chi fosse realmente, ma non ne rivelò mai l’identità.
Fulcanelli non è che uno pseudonimo: pare che il nome derivi dall’unione delle parole Vulcano ed Helio, divinità greche personificazioni del fuoco e del sole, elementi tanto cari all’alchimia.
Siamo abituati a immaginare l’alchimia come una pseudoscienza relegata negli oscuri recessi di un mondo preindustriale, spazzata via dal materialismo e positivismo ottocentesco e dalla salda fede nel progresso protrattasi nel secolo successivo. Sappiamo bene, in realtà, come il sostrato culturale dedito all’occulto non sia mai morto.

Negli anni ’30 del secolo scorso Fulcanelli si recò in questo remoto e misconosciuto borgo che timidamente cominciava ad affacciarsi al turismo, unicamente per studiare da vicino la croce, di cui aveva sentito parlare.
Inizialmente la croce si trovava nel cimitero del paese e -stando alle testimonianze orali- solo nel 1842 venne spostata dove si trova tuttora, forse proprio con l’intento di sottolinearne l’eccezionalità. È composta da una basamento e da una colonnina sormontata da una croce greca. La datazione non è chiara, presumibilmente si può inserire in un arco temporale a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo.

Illustrazione di Julien Champagne per il frontespizio de “Le mystere des cathedrales”

La teoria di Fulcanelli sancì un fascino esoterico a questo rustico monumento che fino ad allora si credeva fosse un ingenuo frutto della pietà cristiana. Essa venne successivamente aggiunta come capitolo conclusivo dell’opera Le mystere des cathedrales, diversi anni dopo la prima edizione del libro. Ne Le mystere, Fulcanelli sfoglia i segreti delle cattedrali gotiche. Egli le considera infatti come un enorme libro, un compendio di pietra e vetro su cui siano scritti i segreti dell’alchimia.

 

Le iscrizioni nella croce ciclica di Hendaye

La croce di Hendaye non ha niente a che vedere con gli splendidi prodigi della tecnica e dell’arte esposti nelle pagine precedenti. Hendaye è una località defilata, lontana dai grandi centri culturali; e la croce è un monumento semplice, quasi dimesso, di appena tre metri d’altezza, opera di un autore che aveva poca familiarità con l’arte di plasmare la pietra. Apparentemente ne aveva poca anche con il latino. Il primo particolare che si nota davanti alla croce ciclica di Hendaye è l’iscrizione che campeggia all’interno della croce stessa:

O CRUX AVES
PES UNICA

L’invocazione che ci da’ il benvenuto è di più o meno immediata comprensione per chiunque: Salve, o croce, unica speranza. Fa sorridere, quindi, il grossolano errore compiuto dallo scalpellino che, apparentemente ignaro di quello che stava scrivendo ha staccato la prima lettera di “speranza” (spes) dal resto della parola, che inserisce nella seconda riga.
Il ragionamento di Fulcanelli parte proprio da questo errore, che lui considera volontario. Egli lo interpreta come un invito a concentrarsi sul “pes“, il piede, ossia il basamento che sorregge la croce e la colonna. Ma prima di volgere lo sguardo in basso, lo studioso si concentra ulteriormente sull’iscrizione, compiendo un balzo interpretativo che ha qualcosa di acrobatico. Cerca di leggere l’iscrizione con la pronuncia francese, poi da alchimista della materia diventa alchimista della parola e per un processo di “trasmutazione vocalica” trasforma la frase iniziale nella seguente:

Il est écrit que la vie se refugie en un seul espace

” È scritto che la vita si rifugi in un solo luogo”. Un unico luogo in tutto la terra che scamperà alla catastrofe della fine dei tempi.

 

Catastrofe che avverrà attraverso l’inversione dei poli e l’azione purificatrice del fuoco. La stessa scritta INRI, nell’altro lato della croce, viene intesa come messaggio alchemico e tradotta con la frase IGNE NATURA RENOVATUR INTEGRA: “La natura è rinnovata integralmente nel fuoco”.Inoltre sul punto più alto della croce compaiono due “X” disposte una sopra l’altra, che ricordano il numero venti scritto in lettere romane, numero che nei tarocchi corrisponde alla carta del Giudizio finale.

Secondo Fulcanelli, quindi, il misterioso artefice della croce di Hendaye, lungi dall’essere uno scalpellino di professione, era presumibilmente un iniziato di qualche setta massonica.

Le quattro età

Una prova dell’inversione dei poli prossima a venire risiederebbe proprio sui bassorilievi del basamento: un sole e una mezzaluna antropomorfi, una stella a otto punte e un ovale diviso in quattro spicchi, ognuno dei quali reca la lettera “A”.

Per Fulcanelli sono le quattro ages, le quattro età del mondo che si susseguono ciclicamente; da qui l’aggettivo “ciclica” dato alla croce di Hendaye. Esse sono le età dell’oro, dell’argento, del bronzo e del ferro. Ad ogni nuovo ciclo l’uomo perde qualcosa di virtuoso e ne guadagna in miseria morale. Inutile a dirsi che noi ci troviamo nell’ultima età, la quale necessità del tragico rinnovamento di cui abbiamo appena parlato.
Sulla faccia anteriore del basamento il sole, simile a una gorgone, ci guarda con gli occhi spalancati atteggiando la bocca in una smorfia di terrore. Sul lato opposto del sole vi è la stella a otto punte, che gli studiosi che vennero dopo Fulcanelli interpretarono con il pianeta Venere. Si è voluto dare un significato astronomico alla distribuzione degli astri sul basamento della croce di Hendaye, ipotizzando che la fine dei tempi verrà proprio quando la loro disposizione astronomica corrisponderà a quella schematicamente rappresentata sul basamento della croce.

La fine di Fulcanelli e la fine dei giorni

Canseliet afferma che Fulcanelli scomparve da questo mondo dopo aver compiuto la grande opera. Probabilmente con queste parole intendeva dire che il maestro non morì ma giunse a un livello esistenziale superiore. Stando a quanto Fulcanelli stesso sembrò dichiarare al giornalista Louis Pauwel molti anni dopo la sua presunta dipartita, la trasformazione dei metalli non sarebbe che un pallido riflesso del cambiamento interiore ed esteriore che l’alchimista beneficia sulla propria pelle grazie alla sapienza acquisita, e che la pietra filosofale potesse donare – fra le altre cose- una vita di una lunghezza indefinita. Era il 1957 e Fulcanelli avrebbe dovuto avere a quell’epoca 113 anni.
Insomma, di lui non resta che fumo e cenere: le poche dichiarazioni incoerenti di collaboratori e personaggi vicini al mondo dell’esoterismo e i libri che scrisse; opere apparentemente farraginose agli occhi di chi si affacci per la prima volta sul bordo di quel pozzo oscuro e profondo che è le scienza ermetica.
Rimane saldo il potere attrattivo di un personaggio indefinito e fuori dal tempo, così come sembra essere anche la croce di Hendaye. Fulcanelli ha aperto uno spiraglio al mondo sul suo segreto, senza tuttavia rispondere alla domanda principale: DOVE si trova il luogo in cui la vita avrà rifugio nel giorno del fatale rinnovamento.
Forse quel luogo è proprio questo placido villaggio che volge melanconico lo sguardo sull’Atlantico. Gli studiosi anglofoni sembrano esserne certi per via del suo stesso nome: Hendaye, che in inglese è così irresistibilmente facile accostare alle parole End day.

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