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DonaMisteri di Madrid “Gelosie Sovrane”
Mentidero[1] di Madrid
dicci, chi uccise il conte?
Né si sa, né si nasconde:
senza discorso discorrete.
Dicono che fu il Cid
per essere il conte florido.
La verità del caso è
che l’assassino fu Bellido
e l’impulso sovrano.
Qui una mano violenta
più sicura che audace,
tagliò il passo alla vita
e aprì il cammino a un affronto.
Il potere che temerario tenta
di giudicare la nuda spada
converte il nome di umano
in inumano e avverte
che chiede vendetta certa
questa dubbia salvazione.
Questi versi, attribuiti a seconda delle fonti a Lope de Vega o a Gongora, parlano di un soggetto peculiare, una figura molto conosciuta nella Spagna degli Asburgo del secolo d’oro: Juan de Tassis y Peralta, conte di Villamediana.
Amante del gioco d’azzardo, spadaccino e sfacciato dongiovanni, le imprese del conte erano il pettegolezzo preferito dell’intera società madrilena.
Grazie alla sua nobiltà, il conte era solito frequentare la corte di Filippo IV, fattore questo che spinse addirittura ad insinuare che ebbe un’avventura con la regina Isabella di Borbone, e proprio questo potrebbe essere il motivo che lo portò a una morte violenta.
Si narra che una notte il conte si trovasse a palazzo, pronto a ritirarsi nella sua abitazione, quando all’improvviso vide splendere una luce all’interno della stanza da letto della bellissima regina. Juan, senza pensarci due volte, aprì la porta e la monarca, con voce emozionata, lo invitò ad uscire.
Il giorno successivo, alla stessa ora, la regina era impegnata nella sua toletta, quando qualcuno le si avvicinò da dietro, le tappò gli occhi con le mani e le diede un dolce bacio sul collo. Essa allontanò le mani con delicatezza mentre riprendeva allegramente il responsabile di quel dolce atto “State quieto, conte”.
Quando si voltò vide che quelle mani non erano del conte, bensì di suo marito, Filppo IV. Il re uscì dalla stanza furioso, con una sola frase in mente “State quieto, conte”.
Altre fonti raccontano che Juan non si spinse a tanto, e che le gelosie del re fossero tutte nella sua testa, nate durante una corrida, e come già visto nell’articolo della scorsa settimana, le corride sono sempre portatrici di un mare di guai.
Il conte era rinomato per la sua maestria a cavallo, e spesso era solito toreare con lancia e cavalcatura davanti ai regnanti.
Un giorno scese in pista con fare glorioso, salutando il pubblico con il suo cappello. Con un sol colpo uccise il toro che aveva dinnanzi, facendo esplodere una pubblica ovazione dagli spalti. In quel momento la regina Isabella si unì con tutte le sue forze all’applauso, mentre Filippo, geloso, rimase in silenzio.
“Vi è piaciuto Villamediana, maestà?” Domandò la regina “Colpisce bene, non vi pare?”.
“Sì cara, colpisce bene, ma punta troppo in alto per i miei gusti”.
Stando così le cose, si capisce che il sovrano avesse motivo e piacere nel farla finita con la vita di tal personaggio, ma egli non era l’unico.
Erano molti, nella corte, i mariti burlati e le mogli offese che volevano soddisfazione per il loro onore macchiato. Ad essi si univano i molti infelici, anche tra i nomi più illustri di Spagna, che erano stati spennati dal signor conte ai dadi, alle carte o a qualsiasi altro gioco d’azzardo.
Come se ciò non fosse abbastanza, i nemici del conte potevano contare tra le proprie schiere anche coloro a cui Villamediana aveva diretto le sue mordaci satire. Purtroppo essendo nato nel secolo di Lope e Cervantes i suoi scritti non fecero troppo rumore comparati con le opere di quei maestri, ma è opinione comune che il conte avesse un immenso talento per la poesia e la satira, nonostante non firmò quasi mai le sue composizioni.
Così non stupisce che il 21 agosto 1622, il conte di Villamediana ebbe uno sfortunato incidente di cammino a palazzo. Mentre si apprestava ad uscire dalla carrozza, un uomo gli si avvicinò discretamente e…lo infilzò in un costato. I presenti cercarono di soccorrerlo, ma non poterono far nulla, mentre l’assassino disparve in lontananza.
Collegandosi alla poesia con cui ho aperto questo articolo, lo scrittore catalano Néstor Lujan scrisse nel novecento un’interessante novella “Diteci, chi uccise il conte?”, riuscendo ad individuare ben sette persone che avrebbero potuto incaricare l’assassinato.
Il re Filippo IV, rimane uno dei nomi più plausibili, per di più se si aggiunge alle gelosie personali il fatto che la Santa Inquisizione (tema principale del nostro tour, ricordate?) aveva aperto un processo segreto contro il conte per sodomia. Se la cosa si fosse risaputa, lo scandalo a corte sarebbe stato enorme.
Con tale minaccia, capirete che vi fosse la più urgente necessità di farla finita con quest’uomo e gettar terra sull’intero assunto. E nel seicento quale miglior metodo per risolvere un problema se non con un assassinio?
Perciò fu così che ebbe fine la vita del conte di Villamediana, ennesima morte violenta della storia madrilena.
[1] Luogo in cui la gente si ritrova per spettegolare.